Così vicini, così lontani: immaginare la vita dopo la crisi

L’attuale tabella di marcia del Governo per arrivare all’agognata “Fase 3”, dove teoricamente si avrà la riapertura totale di tutte le attività e un ritorno alla normalità che conoscevamo prima di questa crisi, come già sappiamo prevede riaperture progressive e un lento e prudente allentamento delle attuali estreme misure di sicurezza.

Malgrado ciò, la precisazione più importante da fare affrontando l’argomento di come immaginare le nostre vite dopo la crisi è che, tabelle di marcia a parte, da un punto di vista medico finché non sarà disponibile un vaccino efficace distribuito all’intera popolazione, non potremo realmente parlare di un “dopo la crisi”. Il declino nel numero giornaliero di contagi e decessi è anche dovuto alle misure di sicurezza e, fuori dalle zone più colpite, non possiamo di certo parlare di un numero sufficiente di contagi per affidarci all’immunità di gregge. Non abbiamo dunque nessuna garanzia che nei mesi a seguire, allentando queste misure, non possano esservi nuovi focolai infettivi e picchi di contagi. Prima ancora di affrontare il “dopo la crisi” è dunque importante armarsi di pazienza per quella che potrebbe essere una più o meno lunga fase di transizione, nella quale il progressivo allentamento delle misure di sicurezza potrebbe procedere a singhiozzi, con il costante rischio di un ritorno al “lockdown” totale. Volendo dunque immaginare le nostre vite dopo la crisi dobbiamo intanto prepararci a mesi di insicurezza, dove un ritorno alla normalità dipenderà anche da risultati di ricerche ancora in atto, che non hanno alcuna tempistica garantita.

Le prime avvisaglie di cambiamenti concreti che ci seguiranno anche dopo la crisi sono i danni economici, che senza dubbio porteranno a una seconda, diversa, crisi da affrontare con tutti i mezzi possibili della politica sia nazionale sia europea. Nella nostra vita quotidiana potremo aspettarci la chiusura di varie attività, una maggiore insicurezza lavorativa e cambiamenti al nostro stile di vita dettati anche solo dalla necessità. Mentre questa crisi economica è però risolvibile, o perlomeno affrontabile, a lungo termine, i cambiamenti nei comportamenti sociali e personali potrebbero essere ancora più duraturi. Stiamo vivendo un’esperienza collettiva di pericolo, caratterizzata da paura e insicurezza e causata da un “nemico” invisibile la cui permanenza e trasmissione dipende significativamente dai nostri comportamenti collettivi. La domanda che dovremmo porci è dunque, quali dei nostri comportamenti cambieranno in seguito a questa crisi?

Ciò che il virus ci costringe ad affrontare è il fatto che le nostre azioni hanno ripercussioni spesso a noi invisibili e, soprattutto, incontrollabili. La catena di contagi parte da singoli eventi di irresponsabilità collettiva e individuale, laddove una società non riesce ad istituire i necessari controlli per tutelare i propri cittadini, e il singolo cittadino non si attiene alle dovute precauzioni per minimizzare i rischi per sé stesso e la comunità. Ci sono stati errori nella nostra gestione di questa pandemia, evidenziati anche da quei paesi che evidentemente la stanno affrontando con maggiore efficacia. Verrà il momento in cui non sarà più necessario l’obbligo di portare maschere ed applicare il distanziamento sociale, ma, trarne la conclusione che si possa semplicemente tornare alla normalità, equivarrebbe al rifiuto di rivalutare quei comportamenti che ci hanno strappato dalla stessa. Sarebbe auspicabile una presa di coscienza sul valore della comunità e delle nostre azioni, accompagnata da un dibattito sul giusto equilibrio tra libertà individuale e bene comune, sia a livello sociale che individuale. Le conclusioni che trarremo da questo processo potrebbero definire il nostro futuro, con la speranza che ci faremo trovare più preparati non se ma quando affronteremo la prossima sfida.

di Giacomo Diedenhofen