La grandezza dell’uomo risiede nella risposta alla chiamata di Dio. Egli chiama sempre, attraverso ogni incontro, ogni avvenimento, ogni circostanza. Ci chiama a diventare noi stessi e a collaborare alla sua opera, che è la salvezza del mondo. Ognuno con un compito particolare, ognuno con la sua responsabilità, tutti con la certezza della sua compagnia. Anzi, con la certezza che l’obbedienza al suo disegno ci rende ogni giorno più simili a Lui. A questo pensiero possono tremare le gambe, e infatti in tutta la Bibbia continuamente si incontra l’incoraggiamento del Signore: «Non temere, io sono con te». L’ha detto ad Abramo, a Gedeone, a Ezechiele, a Mosè… Anche Gesù lo ha ripetuto spesso ai suoi discepoli, come immaginando il tremore che doveva prenderli quando riuscivano a percepire, per quanto era loro concesso, l’immensità del mistero che avevano davanti. Lo ha detto anche alle donne subito dopo la resurrezione: «Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che presto mi vedranno» (cfr. Matteo 28,10).
L’invito di Gesù a non avere paura è di un’attualità sorprendente. Perché la nostra epoca è realmente dominata e quasi soggiogata dalla paura, soprattutto nel mondo occidentale. La denatalità che attanaglia i nostri paesi ne rappresenta forse il segno più evidente: a che scopo dare a vita se non esiste un futuro, se esso appare soltanto come uno scenario di lotte e distruzioni? Gesù capovolge questa ottica e rigenera nell’uomo la capacità creativa di fronte alla vita. La sua incarnazione ci assicura che non esiste nessun luogo che sia talmente distante da Dio, nessuna situazione che sia talmente estranea a Lui da non poter diventare luogo di una nuova creazione. Portare a tutti questo capovolgimento di sguardo è esattamente il compito della missione.
di M. Camisasca